L’uroboros o oroboro, è un antico simbolo colmo di significati esoterici ed iniziatici.

Questo nome è composto al suo interno da ben 4 “o”, che rappresentano l’unica vocale presente, ben somigliante alla sua forma che ricorda proprio una O, o uno 0 o comunque un cerchio.

Il Serpente è un essere singolare perché può assumere la forma simbolica dei due principi cosmici, il mascolino e il femminino. 

Il mascolino, quando si posiziona dritto, retto, senza curve o anse, diventando una bacchetta, una verga o un bastone.

Il femminino, quando assume la forma sinusoidale tipica, a onde, circolare e ondulata, come appunto un’onda.

Interessante notare come il principio mascolino più quello femminino creano insieme anche il numero 10, in quanto il primo è assimilabile al numero 1 e il secondo allo 0.

L’Oroboro lo dice la parola stessa è “il mordente la sua coda”, ossia l’archetipo di un qualcosa che si rinnova senza staccarsi completamente dal resto e dal suo passato appena finito.

C’è molto in questo simbolo. Ogni iniziato lo studia per anni scoprendone sempre nuovi significati.

Uno utile per questo momento è quello che ci racconta della fine o Coda e dell’inizio o Capo dell’anno. 

Sì, a fine e inizio anno noi tutti viviamo tra la bocca e la coda di un grosso “Serpente cosmico“, letteralmente nel suo morso, poiché la “o”, si chiude.

Siamo come anche nel brillante dell’anello, nel lungo più prezioso del cerchio, dove c’è la giuntura, la saldatura.

Tutto ha un “ombelico“, cioè un punto dove sorge e tramonta una vita, un punto fragile, delicato ma anche pieno di forza vitale, da proteggere e celebrare.

Bene, l’anno è un grande essere vivente e noi siamo in quel suo e nostro spazio tempo, il quel preciso momento cosmico, di cambio tra una sua esistenza e un’altra.

Come una piccola morte, noi assistiamo al passaggio tra una vita ed un’altra poiché anche l’anno si reincarna.

Ma se vogliamo che per noi sia rinnovato, nuovo, dobbiamo smagnetizzare le memorie di quello passato affinché non si portino in quello che sta per arrivare.

Siamo noi che dobbiamo “cambiare” insieme a lui, non è lui che rinnovandosi cambia noi.

L’anno è “solo un terreno“, che può essere fertile o sterile per determinate forze, ma il seme è nostro, nelle nostre mani, e quindi è responsabilità nostra seminare bene e ciò che vorremmo vedere crescere proprio in questo breve lasso di tempo.

Poiché oltre mordere la propria coda, chi dice invece che il Serpente non si stia auto partorendo direttamente dalla bocca?

Nessuno lo sa… perché credo che siano vere entrambe.

Sta dunque solo a noi spostarci dal morso che segna anche il prossimo corso degli eventi ad un parto generato dalle parole e dagli intenti che faremo uscire dalla bocca in questi momenti, ponendo nell’etere nuove sementi.

Tanti auguri

Thomas Yhorman Vitulano
“Non siamo soli, siamo Soli”